giovedì 26 ottobre 2017

Giovanni Passannante: il rivoluzionario lucano che tentò di liberare l’Italia


Ulderico Pesce, attore teatrale lucano, ci racconta la sua lotta per seppellire dignitosamente il cranio e il  cervello di Giovanni Passannante, riportandolo nella sua terra.



«Se questi sono i malfattori, evviva i malfattori!» Giovanni Pascoli

Passannante l’anarchico, Passannante il delinquente, Passannante il matto. Ma chi era Giovanni Passannante? Era un uomo, un eroe, un martire. Era un repubblicano con idee mazziniane. All’urlo di«Viva Orsini! Viva la Repubblica Universale!», cercò di afferrare i diritti dell’uomo, quei diritti calpestati dal regime monarchico di Umberto I, dal potere che prendeva il sopravvento e che riuscì ad elevarsi quasi a Dio, decidendo le sorti di un popolo e i vantaggi di alcune classi dirigenti e politiche, ancora oggi.
Giovanni Passannante nacque a Salvia, il 19 Febbraio 1849, in provincia di Potenza, un nome così semplice, come i suoi abitanti. Il nome “Salvia” venne ben presto cambiato in Savoia di Lucania per ordine del Re, sicuramente più dignitoso da pronunciare, ma non cambiò lo status del popolo. La Basilicata, all’epoca, era la regione più arretrata de sud, definita dal poeta Giovanni Pascoli, l’”Affrica” italiana. Il poeta, infatti, si recò in Basilicata e lì, si unì alle idee dei rivoluzionari che non sopportavano più la miseria del loro popolo e chiedevano diritti uguali per tutti, come avevano quelli “al nord”. Pascoli dedicò un’ode al Passannante, di cui abbiamo solo uno stralcio di essa: “Col berretto d'un cuoco faremo una bandiera”, scriveva il poeta e, tale ode, gli costò ben quattro mesi di galera. A Passannante, invece, andò molto peggio, a causa di un gesto di disperazione, nei confronti del Re. Comprò un coltellino di quattro centimetri, barattandolo con la sua giacchetta da cuoco e, con questo, ferì il re durante una manifestazione, senza ucciderlo. Passannante fu il secondo anarchico a compiere un gesto di rivolta, anticipando quelli di Pietro Acciarito e quello definitivo, di Gaetano Bresci. 

Giovanni Passannante



La storia di Giovanni Passannante è triste e terribile. Grazie soprattutto a Ulderico Pesce, attore teatrale lucano, attivo da sempre per il sociale e per i diritti dell’uomo, possiamo conoscere le nostre radici e possiamo ricordarci di chi si è battuto davvero per la nostra libertà, sacrificandosi. Insieme ad Ulderico anche altri artisti coinvolti, come Gino Paoli, Carmen Consoli, Il gruppo folk rock Tete de Boîs, Paola Turci, Fausto Leali, Peter Gomez, Dario Fo e Franca Rame.
“Mi piace fare cose che mi coinvolgano dal punto di vista emotivo”,  dice Ulderico, “mi piace fare cose che mi facciano sentire vivo e mi occupo di storie che mi coinvolgano emotivamente e che mi rendano felice. Pertanto, la storia di Passannante, mi ha dato tanto dolore quanta tanta gioia nel vedere compiuta giustizia per lui.  Passannante è una figura delicata. Se avesse voluto uccidere il re avrebbe usato una pistola. Il suo è stato un gesto per attrarre attenzione sulle problematiche del sud. Nel 1861 ci fu l’Unità di’Italia, solo che il regno si occupò prevalentemente allo sviluppo del nord e non del sud. Dopo cento anni  ancora si era a punto a capo. E, oggi, a distanza di centocinquanta anni, ci troviamo ancora davanti a un’Italia divisa in due.”
Ulderico è stato il primo a interessarsi a questa storia e a combattere un sistema e una burocrazia lunga, e un po’ superficiale, per far conoscere Passannante e  dargli una degna sepoltura nella sua terra. Tutta la sua battaglia è testimoniata attraverso l’arte, con il film “Passannante” (2010) , del regista Sergio Colabona, nominato dal Ministero della Cultura, come “Film per la scuola” ai David di Donatello (anche se, in realtà, è un film che dovrebbero guardare molto più gli adulti).
Il film è rimasto nel circuito scolastico per almeno due anni. Inoltre, Ulderico, porta questa storia nella sua “casa”, a Teatro. 
Alla mia domanda su quanto coinvolgimento c’è stato da parte degli attori e alla mia domanda sulla differenza di approccio e comprensione del pubblico, fra cinema e teatro, Ulderico mi risponde: “Durante le riprese del film, tutti gli attori del film erano molto coinvolti . Hanno lavorato al minimo sindacale di paga e alcuni gratuitamente. Tutto il cast, sia tecnico che artistico, è partito da una prospettiva: portare Passannante alla sepoltura e rendergli  giustizia per chi ha combattuto per i più deboli  e nel contempo restituire il nome Salvia al posto di Savoia di Lucania, insieme al gruppo minoritario che da tempo si batte per riportare quel nome al suo posto. Il cinema rende una testimonianza più reale dei posti dove sono accaduti i fatti. Il pubblico esce più informato con le immagini chiare e nitide nella testa e negli occhi, ma ne esce meno coinvolto rispetto al teatro. Sono i codici che sono diversi fra cinema e teatro. Il teatro, sicuramente, riesce a coinvolgere maggiormente dal punto di vista emotivo” .  Detto ciò, è bene guardare tutti e due i codici, per avere una panoramica maggiore su questa storia, così affascinante, così brutale e con un lieto fine.

Ma andiamo per ordine, per chi non fosse a conoscenza della storia…

Passannante visse in totale povertà, fino a che non trovò impieghi modesti. Su di lui prese il sopravvento la voglia di imparare a leggere e scrivere e questa grande volontà, definita “natura energica” - che poi  si tradusse nel “terribile” gesto- lo portò anche a convertirsi al culto evangelico, abbandonando ogni forma di esteriorità e superficialità. Forse fu questa la sua grande colpa, che lo condusse dapprima in carcere per questioni politiche e, successivamente, a compiere il famoso gesto nei confronti di Re Umberto I, costringendolo alle torture più atroci. Fu incarcerato e, dopo le torture subite da parte delle forze dell’ordine, fu trasferito nella Torre della Linguella, a Portoferraio,  sull’isola d’Elba , trattato in condizioni a dir poco disumane. 
film_giovanni_passannante
Grazie alla vera pietà dell’onorevole Agostino Bertani - e non la finta pietà monarchica che lo risparmiò dalla gogna, solo per fargliela pagare più amaramente - e grazie alla denuncia della giornalista Anna Maria Mazzoni, fu portato via da lì. Dichiarato folle, lo condussero nello stesso manicomio di Montelupo Fiorentino, ove fu rinchiusa anche la famiglia del Passannante.La “giustizia” monarchica era compiuta. Morì il 14 Febbraio 1910. Ma la cosa più terrificante, è ancora da spiegare.
Quando l’’anarchico’ spirò a Montelupo Fiorentino, infierirono ancora, per volere dello studioso Cesare Lombroso e di un sistema squallido: gli tagliarono la testa, per analizzarla. Così, Passannante, con il corpo sepolto nella terra di Montelupo, si ritrovò cranio e cervello nelle mani di Lombroso, il quale classificava la follia e la delinquenza di un uomo, in base alla fossetta occipitale, secondo un ‘classismo estetico’.
Questo atteggiamento è riscontrabile tutt’ora nella nostra società, anche se in forma più ipocrita. 
Pongo, dunque, l’ultima domanda a Ulderico e chiedo conferma su questo aspetto cruciale: “Lombroso è un medico che anticipa le leggi razziali.” dice Ulderico.”Le teorie lombrosiane sono del 1936 e le leggi razziali del 1938. Entrambe partono dal presupposto che gli uomini o  per determinate origine etnica o per conformazione del cranio, siano delinquenti, folli e inferiori . Per fortuna, la scienza esatta ha rinnegato queste teorie . L’uomo nasce uguale dappertutto è poi la cultura che lo rende in un modo o in un altro. É l’ambiente circostante che lo rende diverso. Fatto sta che  il cranio di Passannante è stato esposto al Museo del Crimine  di Roma , come un’attrazione turistica, a causa della sua fossetta occipitale  interna. Secondo Lombroso chiunque avesse avuto questa fossetta, era un delinquente. Noi siamo riusciti a toglierlo dal Museo del Crimine, riuscendo a seppellire un uomo che attendeva una degna sepoltura. Oggi, purtroppo, buona parte dell’Italia è lombrosiana. L’essere umano con certi connotati è considerato un essere inferiore, da cacciare. Mi riferisco ai connotati degli africani, indiani, siriani, pakistani, da tutti color che scappano da guerre e torture e noi ‘italiani lombrosiani ‘facciamo di tutto per cacciarli, temerli e non capirli.
Anche per questo è stato difficile e duro riportare Passannante al suo posto e lo è tutt’ora. In Italia non esiste cittadinanza attiva. Il popolo italiano è un popolo che non esiste, esiste solo per i novanta minuti delle partite. Il popolo italiano non c’è. Ognuno di noi si allieta di tifare per una squadra ma non per la vita altrui. Siamo individuali. I valori e gli ideali non esistono più, la memoria non esiste più e la memoria è da costruire. Perché l’Italia sia un paese unito e avanzato culturalmente, occorre uno sforzo da parte nostra per comprendere accettare il “diverso” da noi e uno sforzo da parte di chi accogliamo, a rispettare le regole della nostra terra. Solo così possiamo essere un paese davvero forte economicamente, spiritualmente e culturalmente.”


passannante sergio colabona
locandina "Passannante"
Il termine Salvia deriva dal latino "salus" o "salveo" che significa "star bene , “sano” o “salvare”.
Alla luce dell’etimologia di questo bellissimo nome, ci auguriamo la richiesta di far tornare il nome originario di “Salvia” al posto di Savoia di Lucania, sia presa realmente in considerazione dai ‘piani alti' e che, Ulderico, eroe del nostro eroe, riesca anche in questo. L’Italia è una Repubblica Democratica, la cui sovranità appartiene al popolo. Così recita, in parte, il primo Articolo della nostra Costituzione. Facciamo in modo che essa lo sia, attraverso piccoli gesti che ci liberino definitivamente da quell’ombra oscura di dominio, che da anni ci opprime e da cui ne siamo tutt’ora dipendenti.
In Basilicata, si dice che tutte le storie inizino con un patto. Sarebbe utile fare e mantenere il patto di diventare un paese forte e unito spiritualmente, economicamente e culturalmente. Come? Ricordando le nostre origini e i nostri diritti, mantenendo viva la memoria di chi ha combattuto per noi, per renderci liberi. Non occorre una guerra per ricostruire. Occorre , tuttavia, qualche altro Passannante che, senza ferire, attui una forte rivoluzione culturale, perché è da lì che si cambia il mondo, non solo l’Italia. In questo, Ulderico ed altri artisti, tentano da sempre di farlo: tentano di salvarci.






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