venerdì 27 ottobre 2017

Ironia, irriverenza e romanticismo: l’arte del maestro Gaetano Cappelli



Articolo pubblicato su Il Mattino di Foggia


Gaetano Cappelli, scrittore lucano di fama nazionale, spiega come e quanto il romanzo influenzi ancora le nostre vite e qualche anteprima su prossimi progetti. Con l’ultima opera definita ‘mozartiana’, dalle sfumature un po’ amare e dissacranti, intitolata “Una medium, due bovary e il mistero di Bocca di Lupo”, Cappelli regala un’altra volta momenti di leggerezza, ironia e coinvolgimento, da gustarsi come un ottimo Aglianico.

Per descrivere Gaetano Cappelli basterebbero i suoi romanzi. Tuttavia, non è mai sufficiente fermarsi alle opere per descrivere l’autore. Lo abbiamo intervistato per approfondire la sua sensibilità e i percorsi che lo hanno decretato come uno dei romanzieri contemporanei più brillanti, capaci di risucchiare il lettore in un vortice di vicende, personaggi e paesaggi. 
Cappelli ha alle spalle ben diciassette romanzi che, dal 1988 ad oggi, hanno accompagnato i nostri momenti di relax e piacere con uno stile fresco, dinamico ed un linguaggio avvolgente e originale. Nonostante la società sia cambiata molto rispetto a trent'anni fa, è curioso come lo scrittore sia cresciuto nel tempo, incontrando talvolta ostacoli e richieste di un pubblico sempre più esigente e differente. Le vite frenetiche e piene, fortunatamente, non hanno mai fermato la lettura. Oggi, la pesantezza fisica dei libri è sostituita da leggerissimi e impercettibili megabyte da scaricare su un qualsiasi computer, tablet o smartphone. Al massimo, appesantiscono memorie digitali ma non più scaffali o borse. Il mondo è cambiato ma la passione per la lettura non si ferma. E nemmeno scrivere romanzi. 

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Gaetano Cappelli

É curioso capire, relativamente al pubblico lettore di oggi, quanto un genere letterario così classico sia ancora in voga, ovvero quanto bisogno ci sia per l’ormai ‘lettore-utente’, di immergersi in altre vite, visto che internet ha dato ampio spazio per potersi creare altre identità e inventarsi altre vite, oltre quella reale. 
A tal proposito, Cappelli risponde: 
Il bisogno di storie penso sia innato. Fa parte di uno di quei bisogni primari dell’uomo, senza retorica. Dalla preistoria, il narratore era il signore sempre presente nelle tribù dell’epoca. Era uno che raccontava. Era quello che Stevenson chiama “tusitala”, ovvero colui che racconta le storie. Le storie possono essere veicolate attraverso varie forme. Oggi una delle  forme più à la page, è quella delle serie tv. Però, penso che il romanzo avrà una vita lunga quanto la vita dell’umanità. Non so esattamente l'umanità quanta vita potrà avere e quale o quanto destino  avremo come umani ma la storia si accompagnerà per sempre alla lettura di storie. La lettura è un medium molto diverso dagli altri, poiché ci mette in contatto con la parte più intima e profonda di noi stessi.
Questo fenomeno penso sia assolutamente inestirpabile.

Detto ciò, occorre affrontare un argomento fondamentale per uno scrittore, ovvero l’ispirazione. Gabriel Garcia Marquez diceva che “L’ispirazione non dà preavvisi”. E’ qualcosa che arriva all’improvviso, da uno stimolo, un pensiero, qualsiasi cosa in quel momento colpisca la nostra attenzione. 

In una società come la nostra, siamo costantemente stimolati da qualcosa, soprattutto nelle grandi città. Accade, tuttavia, che nella quiete di un posto non molto conosciuto come Minervino Murge, in Puglia, qualcosa accenda la miccia per poter scrivere un romanzo e dare inizio alle danze fantasiose che comporranno un’opera. Cappelli illumina la mia riflessione con precisazioni riguardo all’Ispirazione e alla creatività.
Diciamo che la fantasia fa parte del bagaglio di ogni scrittore, o meglio, è un attrezzo di lavoro dello scrittore.  Dice Cappelli. 
Alla domanda da cosa  io venga ispirato, potrei dare tante risposte… Nel caso dell’ultimo libro, è corretto dire che sono stato ispirato da una commissione di lavoro. Un paio di anni fa i proprietari della tenuta Bocca di Lupo, a Minervino Murge, mi chiesero un racconto che avrebbero voluto regalare ai loro clienti e così lì mi recai. Il loro vino già lo conoscevo, ovvero l’Aglianico. Tant’è vero che compare già  nel mio romanzo ‘Storia controversa dell'inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo”’ (Marsilio, 2010). Mi è stato chiesto questo racconto. In effetti ho faticato a capire cosa dovevo raccontare, ma grazie a internet ho potuto con immediatezza fare ricerche per avere la giusta ispirazione. La storia di Eusapia Palladino l’ho proprio trovata su internet e da lì ho approfondito, sino a scrivere questo romanzo. Grazie a internet tutto è immediato. Una volta era più difficile fare ricerche fisiche con i libri. Lei è stata il motore del racconto ed ho scelto come ambientazione il luogo poco conosciuto di Minervino, inserendovi il personaggio di Guido Galliano, già presente nei miei romanzi. Una mia caratteristica è quella di far comparire nel titolo quello che si racconta nel romanzo. Diciamo che anticipo quello di cui parlo, svelando al lettore le tematiche o i personaggi principali.

Ciò che più colpisce nei romanzi dello scrittore è l’uso e la padronanza  della lingua italiana e del dialetto. L’operazione preziosa di Cappelli è quella di unire saggiamente i colori di un dialetto spesso inventato, al più abbacinante splendore di un linguaggio romantico e ricercato. C’è un segreto per saper collocare così bene un suono e l'autore ci svela qualcosa al merito, rispondendo: Spesso uso dialetti inventati. Nel caso dell’ultimo romanzo, invece no. Uno è il cerignolano, che ho studiato, mentre l’altro è mezzo inventato. Mi piace variare la lingua e inventarla. Mi piace ci siano sonorità arcaiche mischiate con linguaggio moderno. Una sorta di dialetto contemporaneo. Nella lingua che noi parliamo, spesso ci sono delle affettazioni linguistiche, nel senso che ci innamoriamo di dialettiche che non per forza appartengono alla nostra cultura. La lingua essendo un organismo in evoluzione, si arricchisce di caratteristiche diverse. 

La lingua italiana è ricca, ci si può giocare ed è naturale che accada questa operazione linguistica.”
Cappelli è uno studioso di Romanticismo Tedesco, oltre che del suono e del linguaggio. La sensibilità romantica per ciò che lo circonda, lascia traccia della sua passione anche in questo romanzo più ironico e irriverente. Questa componente Cappelli la definisce “vedutista”.
Mi sono auto definito un vedutista, dunque è corretto quello che dici ed è collegato in qualche modo al Romanticismo, dato che ne sono anche studioso e appassionato. Nel mio romanzo “Parenti Lontani”(Marsilio, 2011), il vedutismo è portato all'ennesima potenza.  Il punto di vista sul mondo quindi è molto vicino al romanticismo di cui parlavi tu. In questo periodo ho iniziato a scrivere qualcosa collegato alla tradizione classica delle commedie. Attraverso le mie storie, racconto un po’ la realtà che viviamo, mettendo un pizzico di sogno. Se i giornalisti scrivono la realtà pura, lo scrittore deve condurci in una strada ideale, attraverso un’ altra realtà. Il Romantico vero e proprio è quello che noi normalmente definiamo un sognatore. Alla parola romantico in qualche modo è abbinato un significato non proprio positivo. Diciamo che il carattere odierno del sognatore è qualcosa che si avvicina al tipo psicologico dell’umanità. Senza il romantico o il sognatore, probabilmente anche le scoperte scientifiche non ci sarebbero state. Se tu non hai la spinta romantica, la passione e il sogno di andare oltre il quotidiano, certe scoperte non si sarebbero mai fatte

Un tema ricorrente nei romanzi di Cappelli è quello della rivalsa, dello stravolgimento di carriere, del mondo dell’Arte, di donne e magia. Fa pensare ci sia una sorta di filo conduttore nel tempo e tra le varie vicende e personaggi. Su questa riflessione, risponde:
No, non c’è esattamente un filo conduttore. Io mi diverto a creare delle situazioni in cui di volta in volta faccio entrare gli elementi che mi servono per quella storia. Diciamo che le cose che io penso facciano girare questa palla di mondo, sono quelle che io racconto : l’ambizione, l’amore, il sesso, il danaro, l’arte. La magia è come un residuo del mondo arcaico che, però, tutti noi ci portiamo dietro. Tutte quelle monomanie che si hanno, quelle piccoli o grandi superstizioni, sono ‘magia’. La magia di cui parlo è più inquietante, è quella di cui parla Freud. E’ normale che queste sono tutte cose ci arrivano da lontanissimo ma che ci sovrastano nei momenti di crisi. Insomma, se vediamo dei numeri uno si inizia a preoccupare… quella è la magia.

Quando parliamo di magia, superstizioni e soprannaturale non possiamo fare a meno di nominare una dei protagonisti principali dell’ultimo romanzo: la medium Eusapia Palladino. La veggente  avrà ruolo fondamentale nel “dettare” il romanzo di Galliano e della prorompente Finizia, sua compagna di scrittura. Poiché il racconto parla (anche) di scrittori, sorge la domanda spontanea di chiedere a Cappelli se anche lui nella stesura di un romanzo, fosse mai stato da qualche “spirito”... 
Beh quando bevevo, in quanto a spirito, ero molto spiritato! Al di là delle battute… L’ispirazione non è una cosa banale. L’ispirazione è una sorta di voce guida. Se uno dà un occhiata ai taccuini su cui uno appunta la prima idea di romanzo, quella è l’ispirazione. Il talento è un dono , senza scomodare nessuna entità celeste. Sicuramente c’è una ispirazione che trascende il momento individuale. É come se tu sentissi una o più voci che ti fanno andare avanti; come se tu sentissi una brezza che all’inizio può darti fastidio ma ti attrae. Alla fine ci entri dentro e quando ci sei, ti senti come trasportato da questo flusso. E’ una sensazione un po’ onirica.

Volente o nolente, abbiamo anticipato già molto del suo ultimo romanzo “Una medium, due bovary e il mistero di Bocca di Lupo” (Marsilio, 2016). Poiché l’attività dello scrittore è in continuo movimento, chiedo a Cappelli se ha in serbo qualche sorpresa per noi e se ci può svelare qualcosa in anteprima…
Adesso sto lavorando a un libro che si intitola “ Le intermittenze del Cool” , mi risponde l'autore “ovvero le oscillazioni del gusto  e la loro ricaduta nella nostra vita reale. Racconto di cose che una volta ci infastidivano o che allontanavamo inorriditi ma che oggi, invece, vengono rivalutate. Sono diventate “cool”. Tutto questo lo scrivo attraverso piccoli saggi e racconti. 
Ho rubato la locuzione “ Le intermittenze del cuore “ a Proust. Ho sostituito “cuore” a “cool” giocando sulla parola (si pronuncia Cul… chi vuol intendere, bene intenda). Questo è un libro in cui raccoglierò i pezzi che reputo più divertenti e intelligenti su questo argomento, scritti di anno in anno sul Corriere della Sera, su Panorama, il Messaggero e il Mattino e sui vari magazine che hanno ospitato i miei racconti. Anche su Facebook. Ci sono pezzi scritti solo su Facebook. Diciamo che questo è quello che comporrà il prossimo libro.

La piacevole e divertente chiacchierata con Gaetano, termina con tre domande cruciali che riprendono l’argomento principale: conoscere meglio l’autore. Mi sovviene porre quesiti semplici ma importanti, per capire appieno il carattere e l’intimità profonda di un autore che veste di cultura e avanguardia se stesso e, di riflesso, i suoi lettori.

Se fossi un romanzo, quale ti piacerebbe essere? E se fossi un film e un genere musicale?
Se fossi un romanzo mi piacerebbe essere un romanzo divertente. Mi piacerebbe essere la versione di Barney di  Mordecai Richler. Se fossi un film sicuramente Barry Lindon, di Stanley Kubrick, ma solo per il fatto che è il mio film preferito. Se fossi un genere musicale preferirei essere una musica di quelle di Harold Budd (ricordiamo che ha collaborato con il compositore Brian Eno, su cui Cappelli ha scritto "Brian Eno, il suo doppio, le musiche possibili” nel 1982) . Anche se, ammetto, questi miei romanzi sono lontani dalla musica che mi sento di essere.


Con queste tre ultime risposte Cappelli, ancora una volta, non risulta mai banale. Il colpo di scena sta proprio nel non essere sempre ciò che si scrive. La capacità di un autore di talento è quella di saper spaziare, oltre se stesso. Il mondo è una scatola aperta da cui gli autori hanno sempre attinto per ottenere la massima conoscenza e donarla. Tanto di cappello a Cappelli (mi si conceda il gioco di parole) che non smette mai di stupirci e non riesce proprio ad annoiarci. La sua carriera e il suo carisma sono come l’Aglianico: maturando, migliorano.

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