giovedì 26 ottobre 2017

Ron GaIella: il paparazzo lucano più famoso del mond


Grande amico di Andy Warhol. Carnefice e vittima di vip e star di Hollywood , Ron Galella, rivoluzionò l’immagine statica e affascinante dello star-system.

Jacqueline Kennedy Onassis, Frank Sinatra, John Lennon, Liz Taylor, Elvis Presley, Robert Redford, Marlon Brando, Arnold Schwarzenegger, Cher, Michael Jackson, Robert De Niro, Mick Jagger, Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Anna Magnani  Roberto Benigni, Woody Allen, Andy Warhol, Sean Penn, Mick Jagger, Jerry Hall e tanti, tanti altri, non sono soltanto personaggi famosi ma le vittime del più grande “cecchino” fotografo degli Stati Uniti: Ron Galella.
Colpire e affondare la preda, indignarla e scuoterla. Bisogna esserne capaci e Ron Galella, lo fu. Le sue origini di Muro Lucano, mediterranee e veraci, il piglio aperto e puntiglioso, lo espresse in tutte le sue fotografie. Scovare e scattare ma nulla deve essere banale. 

Ron è così, è un animo ribelle, un esteta: il “paparazzo extraordinaire”. Se tutti i suoi scatti furono sgarri per alcuni, per noi sono opere d’autore. Precursore di ciò che molti vip oggi pubblicano sui vari social, della propria vita privata e senza inibizioni, divenendo paparazzi plastici e furbacchioni, di se stessi. 
Senza bisogno di catturare troppe sconcezze e troppe parti intime, Galella catturò le debolezze, i momenti spontanei, la sorpresa, la naturalezza e le espressioni contrariate di icone dello spettacolo, quelli che un tempo vedevamo così lontano e che ora sono così vicino. 
Galella era ed è tuttora il ponte fa noi e gli “dei” dello spettacolo, ridimensionandoli, umanizzandoli.


La sua fama delle sue fotografie  crebbero  a tal punto da essere acquistate ed inserite su testate giornalistiche come Time, Harper's Bazaar, Vogue, Vanity Fair, People, Rolling Stone, The New Yorker, The New York Times, Life ed esibite nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo, come il Museum of Modern Art di New York, il Museum of Modern Art di San Francisco, l'Andy Warhol Museum di Pittsburgh, la galleria Tate Modern di Londra, l'Helmut Newton di Berlino e la Galerie Wouter van Leeuwen di Amsterdam. I suoi ritratti sono mostrati permanentemente negli 11 piani del Hollywood Roosevelt Hotel, prestigioso albergo di Los Angeles.
Tra i tanti riconoscimenti ottenuti, il 20 ottobre del 2010, Galella ha ricevuto un’onorificenza dal comune di Muro Lucano, suo paese di origine, per aver portato nel mondo il prestigioso nome dell’Italia. Il sindaco Gerardo Mariani ci racconta il suo ricordo del fotografo, quando venne in Italia:
“Ron Galella è stato ospite a Muro Lucano una settimana con i suoi cugini Ottavio e Mario Galella. Abbiamo fatto visitare loro la Basilicata e fu davvero piacevole. Inoltre abbiamo fatto costruire una lapide del padre , apponendola sulla sua vecchia abitazione, dove si trova tutt’ora. Ci ha regalato il libro “Viva l’Italia" un libro eccezionale, con tutti gli scatti più belli e famosi della sua carriera di artisti italiani e italoamericani. Ron è ormai attempato ma sempre lucidissimo. Il paese lo ha ospitato in modo molto caloroso e gli abbiamo dato la cittadinanza onoraria. Lui ci ha dato una collezione della sua raccolta di fotografie e noi le abbiamo esposte nel Museo Nazionale di Muro Lucano e tale mostra è meta di molti visitatori. Ron Galella ha dato lustro a Muro Lucano e tutta l’Italia. É stato inoltre vincitore del Premio Mondiale dello Scatto. Lo abbiamo reinvitato nuovamente  e credo proprio ritornerà. Gli abbiamo così conferito il Premio Riconoscimento Ron Galella , celebre fotogiornalista, cittadino Murese che ha saputo diffondere L’Italia nel mondo. Tale manifestazione di riconoscimento si è ripetuta anche a Matera e nella sede regionale della Basilicata.”




Nel film documentario del premio oscar Leon Gast “Smash His Camera”  presentato al SunDance Festival nel 2010, il fotografo si racconta e viene raccontato da testimoni, svelando i segreti del mestiere e le  regole del "buon paparazzo", facendo scorrere sotto i nostri occhi, quelle famose foto che fecero il giro del mondo. 
L’imbarazzo della sua “vittima”, la mano che blocca l’obiettivo per non farsi riprendere, è quella di chi vuole occultare la sua cristallizzazione nell’immaginario collettivo. Forse indelicato, forse irrispettoso, questa attività è servita non solo al pubblico ma anche agli artisti che molto spesso chiedevano di essere paparazzi per parlare di sé. 
Andy Warhol, sua preda e amico, non era esattamente l’ultimo arrivato nel capire gli ingranaggi dell’arte, essendo un massimo esponente della Pop Art. Se non puoi combattere il nemico fallo amico e  disse di Ron :«Una buona foto deve ritrarre una persona famosa mentre fa qualcosa di non famoso. Il suo essere nel posto giusto al momento sbagliato. Ecco perché il mio fotografo preferito è Ron Galella» Ebbe ragione, fu davvero così ed è così tutt’oggi. 
Quel fotogiornalismo che darà scandalo e gli procurò non pochi problemi giudiziari corrispondeva al filone di artisti che andava controcorrente, che mostrava alla borghesia perbenista ciò che non voleva vedere, che era meglio censurare. Infastidire, punzecchiare, cogliere il vivo delle persone, nelle fotografie, non è cosa facile, soprattutto quando in cambio ricevi pugni, sputi e denunce. Fotografare significa immortalare, rendere ‘morto’ il soggetto, fermarlo nel tempo e Galella fu capace ad utilizzare un dinamismo d’autore, facendo vivere per sempre le sue prede, senza mai scadere nel volgare, donando loro l’eternità espressiva. 
Nel dinamismo c’è una fatto importante da cogliere: puoi essere estremamente bello, quanto brutto e all’interno di quella striscia di espressioni, puoi esser tanto altro, non solo il personaggio famoso e imbalsamato. E, citando un film, tra i più rappresentativi del cinema e della fotografia, “Peeping Tom” (1960), in italiano “L’Occhio che uccide”,  di Michael Powell, Galella sembra quasi prendere le sembianze del protagonista Mark, interpretato da Karlheinz Böhm. Il mirino che riprende la vittima e  la riproduzione di esso nel proprio studio, godendo e gustandone le mille sfumature. Se nel film di Powell era il cinema ad essere identificato dal  regista, come vittima di un pubblico assassino e giudicante -nonché numerosi altri aspetti importanti e complessi- Galella era complice del pubblico, brindando ad una nuova equità. Per creare bisogna distruggere, sottrarre la fama, abbandonandosi all’arte. Ed anche l’approccio di Galella era complesso. L’arte , per essere tale è studio e se riesci a essere riconosciuto per infastidire e capovolgere il sistema, hai fatto centro. Creare nuovi linguaggi, possibilità e prospettive. Il mirino serve a questo. 

Impara a intrufolarti negli eventi, non farti scrupoli; vestiti sempre in maniera adeguata e ricordati di lasciare il cappotto in macchina (se sei senza cappotto gli altri penseranno che sei andato fuori a prendere una boccata d’aria e sei rientrato); fatti subito un’idea di dove sia la cucina (è da lì che si entra) oppure procurati l’invito, vai da qualcuno che è stato invitato (oppure vai in una topografia, duplica l’invito, e sostituisci il tuo nome con il suo); e ancora: scatta velocemente (solo così cogli l’espressione di sorpresa e giochi d’anticipo con chi non vuole essere fotografato). Queste sono le regole di Galella, per diventare un buon paparazzo. 

Tuttavia, forse nessuno riuscirà più a bissare il suo stile e la sua fama. I tempi sono cambiati , come le mode, le idee, le icone e il mondo, ma Ron, rimarrà per sempre il più acuto e celebre eroe dell’arte del disincanto.

*articolo pubblicato su Il Mattino di Foggia e su Pagine Lucane

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